Una gestione emergenziale, un maggior controllo delle frontiere, la creazione di nuove strutture di segregazione, l’incremento delle operazioni di rimpatrio: su questo si è concentrato l’operato di Governo e Parlamento. E’ quanto si legge nel Rapporto Sbilanciamoci! 2016, presentato ieri a Roma. Che parla di “segnali preoccupanti” nell’ambito della gestione del fenomeno migratorio, dell’accoglienza, e della lotta al razzismo.
Un quadro in cui si inserisce la manovra del Governo per il 2016, nella quale ancora una volta i migranti tornano in prima linea con il fatidico ‘sconto’ sulla flessibilità del deficit richiesto alla Commissione Europea (qui un approfondimento).
Per quanto riguarda invece le risorse stanziate per il 2016, il Ddl di Stabilità non interviene direttamente in questo ambito: i riferimenti utili sono contenuti invece negli allegati alla Legge di Bilancio 2016. Complessivamente, si evidenzia per il Programma denominato “Flussi migratori, garanzia dei diritti e interventi per lo sviluppo della coesione sociale” uno stanziamento di 1.306.821.338 euro per il 2016, 1.307.487.859 euro per il 2017 e 1.217.542.038 euro per il 2018. Fondi su cui ha competenza il Ministero dell’Interno: il Ministero delle Politiche Sociali ha ormai perso qualsiasi ruolo.
Quali sono invece le misure che dovrebbe intraprendere con urgenza il Governo? Quali i passi da compiere per dare finalmente una svolta alla gestione dell’accoglienza e dei flussi migratori? Li esplicita Sbilanciamoci!, nelle proposte enunciate nel Rapporto.
Di seguito segnaliamo l’approfondimento su ‘Migrazioni e asilo’ contenuto nel Rapporto, interamente scaricabile al sito Sbilanciamoci.org.
Migrazioni e asilo
Nel 2014 e nel 2015 il Governo ha dovuto confrontarsi molto da vicino, e suo malgrado, con i disastri provocati da una politica internazionale che negli ultimi quindici anni ha alimentato da un lato il rafforzamento del terrorismo in alcuni paesi del Medio-Oriente e dall’altro la deflagrazione dei conflitti interni in alcuni paesi: le persone giunte nel nostro paese, in gran parte provenienti dalla Siria, dall’Iraq, dalla Somalia, dall’Eritrea, dall’Afghanistan, dalla Nigeria, dal Sudan, solo per citare alcuni paesi di origine, sono state secondo il ministero degli Interni 147.377 nel 2014 e 136.432 nel 2015 (Ministero dell’Interno, Rapporto sull’accoglienza di migranti e rifugiati in Italia. Aspetti, procedure, problemi, ottobre 2015, p. 5)
La gestione della missione di ricerca e primo soccorso in mare Mare Nostrum, portata avanti fino all’ottobre 2014, lo scontro con gli altri paesi europei in merito all’avvio dell’operazione europea Triton (il cui obiettivo è in primo luogo quello di sorveglianza delle frontiere), il varo di un Piano nazionale per la gestione dell’impatto migratorio sancito in sede di Conferenza unificata tra Stato-Regioni ed Enti locali, l’avvio dell’indagine “Mafia capitale” nel novembre 2014, le nuove stragi di migranti avvenute nel canale di Sicilia nell’aprile e nel maggio di quest’anno, il dibattito sviluppato in Parlamento e nel Consiglio Europeo sull’Agenda europea sulla migrazione e quello, molto spesso fazioso, dei media sui “costi dell’accoglienza” hanno attraversato senza soluzione di continuità le cronache dell’ultimo biennio. Con queste il Governo ha dovuto fare i conti.
Gli sforzi indubbiamente compiuti nel rafforzamento del sistema di accoglienza hanno però replicato alcune delle storture già vissute nel 2011: una gestione ancora una volta emergenziale, la rinuncia ad affrontare davvero l’urgenza di aprire corridoi umanitari, l’ossequio alle pressioni europee per un maggiore controllo delle frontiere (finalizzato di fatto al respingimento dei cosiddetti migranti economici). Il risultato è l’adozione di nuove norme, come il Dlgs 142/2015, che creano nuove strutture di segregazione (gli “hotspot”) con l’esatto fine di migliorare le “performance” di identificazione delle persone in arrivo e le operazioni di rimpatrio di tutti coloro i quali non rientrano tra le persone che hanno diritto alla protezione internazionale.
L’operato del Governo e del Parlamento si è concentrato sulla gestione dell’“emergenza”, rallentando il dibattito sulla riforma della legge sulla cittadinanza, licenziata in prima lettura in aula alla Camera in una versione molto lontana da quella auspicata dai migranti e dalle associazioni antirazziste. Persino sul piano della lotta al razzismo i segnali sono preoccupanti: le proteste di una nota esponente di destra destinataria di una lettera dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (Unar) che la invitava a limitare le proprie dichiarazioni discriminatorie, sono state sufficienti a provocare un richiamo disciplinare al direttore dell’ufficio (da parte del Segretario generale della Vicepresidenza del Consiglio) e la sua rimozione e a bloccare i contratti di tutti i collaboratori esterni, provocando il blocco delle attività. E, naturalmente, gli effetti della crisi sono evocati per mantenere bloccata la programmazione degli ingressi per motivi di lavoro tranne che per i lavoratori stagionali.
Questo il quadro in cui si inserisce la manovra del Governo per il 2016, nella quale ancora una volta i migranti tornano in prima linea con il fatidico “sconto” sulla flessibilità del deficit richiesto alla Commissione Europea (qui un approfondimento).
Per quanto riguarda invece le risorse stanziate per il 2016, il Ddl di Stabilità non interviene direttamente in questo ambito: i riferimenti utili sono contenuti invece negli allegati alla Legge di Bilancio 2016. L’Allegato n. 8, “Stato di previsione del Ministero degli Interni”, evidenzia per il Programma 5.1 “Flussi migratori, garanzia dei diritti e interventi per lo sviluppo della coesione sociale (27.2)” uno stanziamento complessivo di 1.306.821.338 euro per il 2016, 1.307.487.859 euro per il 2017 e 1.217.542.038 euro per il 2018.
Tra i singoli capitoli di spesa si segnalano per il 2016:
– il cap. 2351 (2): 450 milioni di euro per l’attivazione, la locazione, la gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri irregolari;
– il cap. 2352: 400 milioni di euro per il Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell’asilo;
– il cap. 2353: 170 milioni di euro per il Fondo per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati;
– il cap. 2359: 80 milioni di euro per l’assistenza sanitaria agli stranieri bisognosi;
– il cap. 2255: 9,2 milioni di euro per il funzionamento della Commissione nazionale per il diritto di asilo e delle commissioni territoriali preposte all’esame delle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato;
– il cap. 7351 (2): 50 milioni di euro per la costruzione, l’acquisizione, il completamento e l’adattamento di immobili destinati a centri di permanenza temporanea e assistenza, di identificazione e di accoglienza, per gli stranieri irregolari e richiedenti asilo;
– il cap. 2624 (2): 12,4 milioni di euro per le missioni all’interno e all’estero, comprese quelle per altre amministrazioni dello stato che prestano servizio presso il dipartimento di pubblica sicurezza, le questure e gli altri uffici periferici della polizia di stato;
– il cap. 2624 (3): 2,8 milioni di euro per il rimpatrio dei cittadini stranieri a seguito di provvedimento di espulsione o respingimento;
– il cap. 2735: 2,5 milioni di euro per la gestione e manutenzione del sistema di informazione visti finalizzato al contrasto della criminalità organizzata e dell’immigrazione illegale.
Nell’Allegato n. 4 “Stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali” si segnalano invece:
– il cap. 3540: 28,1 milioni di euro da corrispondere all’Inps per l’erogazione dei benefici connessi al permesso di soggiorno;
– il cap. 354: 17,1 milioni di euro da corrispondere all’Inps per l’erogazione dei benefici connessi al diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione Europea e dei loro familiari nel territorio degli stati membri;
– il cap. 3783: 6,3 milioni di euro per il Fondo Nazionale per le Politiche Migratorie.
Complessivamente l’allocazione delle risorse evidenzia la concentrazione delle competenze su immigrazione e asilo presso il Ministero dell’Interno, mentre il Ministero delle Politiche Sociali ha ormai perso qualsiasi ruolo.
L’accoglienza è “straordinaria”
Il sistema d’accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati in Italia è caratterizzato, ormai da cinque anni (dalla cosiddetta “Emergenza Nord Africa”), da un modello stabilmente emergenziale che produce molti effetti negativi e soprattutto non garantisce risposte che rispettino la dignità delle persone, lasciando al caso la possibilità di incrociare nel proprio percorso strutture adeguate e operatori competenti.
A metà ottobre 2015 sono circa 99mila le persone ospitate in strutture d’accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati finanziate dallo Stato. Di queste 71mila circa (il 72% del totale) sono ospitate nei Centri d’Accoglienza Straordinari (Cas), gestiti dalle prefetture attraverso convenzioni con organizzazioni private (no profit, ma molte for profit) che spesso sono operatori turistici o organizzazioni prive dell’esperienza necessaria. Questi 71mila posti letto si trovano in 3.090 centri di accoglienza – molto diversi tra loro (piccoli, grandi e i cosiddetti “Hub”) – i cui gestori, pur dovendo rispettare quanto prescritto dalle convenzioni, restituiscono alle prefetture solo una fattura e delle relazioni periodiche, senza nessun altro controllo definito.
Ventiduemila persone circa sono invece ospitate in 430 progetti Sprar, gestito dai comuni in convenzione con organizzazioni sociali di comprovata esperienza. La rete Sprar è coordinata dal Servizio centrale, che risponde all’Anci. Questa rete garantisce standard uguali in tutta Italia, vi si accede attraverso un bando nazionale (rivolto ai Comuni) e prevede controlli periodici e una rendicontazione dettagliata delle spese. Due modelli molto diversi, che prevedono servizi, competenze, controlli e procedure diverse e assicurano risultati differenti.
Ci sono poi 13 grandi centri governativi (Cara) per circa 7.000 posti, anche questi gestiti da organizzazioni private, generalmente non profit, con esperienza, che forniscono i servizi previsti dalla convenzione, con obbligo solo di fattura e relazioni periodiche, senza rendiconti dettagliati sulle spese. L’approccio emergenziale ha determinato la prevalenza di strutture d’accoglienza reperite e gestite in regime straordinario, con diversi effetti negativi, anche sul piano della spesa.
Le principali conseguenze negative della mancanza di programmazione e del ricorso a procedure e strutture straordinarie sono le seguenti.
Innanzitutto affidare l’accoglienza a società e organizzazioni non competenti comporta che nel periodo di ospitalità il percorso di inserimento sociale non venga avviato o venga avviato male. Non è curata la relazione tra gli ospiti e il territorio, con conseguenti conflitti ed episodi di razzismo.
Il richiedente asilo non viene preparato per il colloquio con la Commissione esaminatrice. La formazione linguistica è per lo più inadeguata. E così, quando lo straniero esce dal centro, deve ricominciare da capo in una condizione addirittura peggiore di quella di partenza. La scarsa preparazione ai colloqui con le Commissioni genera esiti negativi e quindi ricorsi, con ulteriori aggravi per lo Stato.
A ciò va aggiunto che il tempo passato in queste strutture (in media un anno), per la lentezza degli uffici coinvolti, impedisce una rotazione e quindi aumenta la necessità di trovare posti, allargando la rete dentro l’area della straordinarietà (Cas).
Inoltre, le persone e le famiglie coinvolte hanno diritto al welfare pubblico, al quale provvedono gli enti locali che, nella maggior parte dei casi, devono fornire servizi senza ricevere risorse aggiuntive e senza poter programmare gli interventi.
Infine va detto che i tempi per la formalizzazione della domanda d’asilo e per l’accesso al colloquio con la Commissione sono troppo lunghi (6 mesi per presentare la domanda e oltre un anno per il colloquio). Nel 2015 la spesa per le 42 Commissioni ammonta a circa 4,3 milioni di euro (ogni componente riceve un gettone di 90 euro).
La spesa per l’accoglienza ammonta a circa 1,162 miliardi di euro. Se i tempi d’attesa diminuissero, ad esempio raddoppiando il personale delle Commissioni, lo Stato spenderebbe circa 9 milioni per le commissioni e risparmierebbe diverse centinaia di milioni per l’accoglienza.
Più strutture e personale competente, più personale qualificato per le Commissioni territoriali, potrebbero far risparmiare allo Stato centinaia di milioni e generare percorsi virtuosi di inserimento sociale.
Per ora si è scelta la strada opposta.
Le proposte di Sbilanciamoci!
Chiusura definitiva dei CIE e dei CARA
Si propone di smantellare il sistema dei Centri di Identificazione ed Espulsione (Cie), dei Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (Cara) e di ridurre progressivamente il sistema di accoglienza straordinario a vantaggio di quello ordinario (Sprar – Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) e degli interventi di inclusione sociale e lavorativa.
Maggiori entrate: 500 milioni di euro
Più risorse per lo SPRAR
L’aumento delle risorse stanziate in legge di bilancio (400 milioni di euro) per la creazione di circa 11mila nuovi posti di accoglienza nello Sprar non è sufficiente. Si propone di aumentare lo stanziamento di 248 milioni per consentire un ulteriore ampliamento di circa 19.500 posti in accoglienza ordinaria.
Costo: 248 milioni di euro
Ampliamento degli interventi di inclusione sociale e lavorativa
Si propone di stanziare 100 milioni di euro per un Piano nazionale per l’integrazione sociale e l’inserimento lavorativo dei migranti che comprenda la lotta all’insuccesso scolastico dei ragazzi di origine di straniera.
Costo: 100 milioni di euro
Abolizione della tassa sul soggiorno
Per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno i cittadini stranieri devono pagare un contributo che varia in base alla durata del permesso: 80 euro se è compresa tra tre mesi e un anno, 100 euro se è superiore a un anno e inferiore o pari a due anni, 200 euro per il “permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo”. L’esborso si aggiunge al contributo di 27,50 euro per il rilascio del permesso di soggiorno elettronico e ai 30 euro che Poste Italiane richiede per il servizio. Si propone di abolire questa tassa ingiusta, dichiarata discriminatoria da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Costo: 26,1 milioni di euro circa
Per un sistema nazionale di protezione contro le discriminazioni e il razzismo
Si propone di rafforzare la struttura dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (Unar), accrescendone l’autonomia e le competenze e rendendolo indipendente dal Governo, supportando le azioni di prevenzione, di denuncia e di tutela delle vittime di discriminazione e razzismo anche grazie alla creazione di una rete di sportelli legali anti-discriminazione diffusi in tutti i Comuni capoluogo di provincia.
Costo: 30 milioni di euro
Avvio di un piano nazionale di smantellamento dei “campi nomadi”
100 milioni di euro potrebbero essere destinati alla predisposizione, anche grazie all’auto-recupero, di abitazioni dignitose che consentano ai rom di abbandonare i campi e di partecipare a progetti di inserimento scolastico e lavorativo. Solo una strategia di inclusione abitativa, sociale e lavorativa complessiva può consentire di porre fine allo vergogna delle politiche dei “campi nomadi”, veri e propri spazi di segregazione abitativa, sociale e culturale.
Costo: 100 milioni di euro
Recupero dei contributi versati per la pensione
La legge Bossi-Fini ha eliminato la possibilità per i lavoratori non comunitari che tornano nel loro paese di chiedere la liquidazione dei contributi versati. I diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati possono essere goduti solo al compimento del sessantacinquesimo anno di età. Recentemente il presidente dell’Inps ha stimato in 3 miliardi i contributi versati dai lavoratori stranieri mai riscossi. Si propone di reintrodurre la possibilità per chi decide di rimpatriare di chiedere al momento del ritorno la liquidazione dei contributi pensionistici versati.