In occasione della settimana contro il razzismo la Fondazione Leone Moressa ha realizzato un sondaggio su un campione di 600 persone allo scopo di indagare come l’immigrazione è percepita dai cittadini italiani sia dal punto di vista economico che socio-culturale. Secondo quanto emerso dal sondaggio, l’immigrazione preoccuperebbe ancora oltre un italiano su due (55,1 per cento) e sarebbe al terzo posto dopo disoccupazione e criminalità tra i timori dei cittadini. Al tempo stesso emergerebbe un’alta disponibilità a condividere con chi non è italiano la propria vita (dal vicinato alla scuola) e il riconoscimento dell’importante ruolo svolto dai cittadini stranieri in ambito economico. A guardare con maggiore diffidenza la presenza dei cittadini stranieri sarebbero i cittadini più “anziani” (quasi sei su dieci), preoccupazione condivisa solo dal 48,3% dei giovani più “sensibili” al fenomeno della disoccupazione e alle questioni ambientali. Rispetto alla componente straniera nella società e nel mercato del lavoro, gli immigrati sarebbero considerati nella maggior parte dei casi sia una risorsa che un problema (49,7%). La percezione negativa del fenomeno migratorio riguarderebbe soprattutto gli italiani che ritengono che gli immigrati assorbano più risorse economiche di quante ne destinino alla finanza pubblica o quando sono considerati una minaccia all’ordine pubblico. Il sondaggio ha rilevato tra gli intervistati la percezione di una crescita degli episodi di discriminazione nei confronti degli immigrati. “La presenza sempre più capillare degli stranieri nel sistema sociale ed economico italiano – affermano i ricercatori della Fondazione Leone Moressa – influisce sul livello di percezione dei cittadini, che valutano il fenomeno migratorio ancora come un problema, più che come una risorsa. Quando l’immigrato non è un oggetto astratto di discussione pubblica, ma un soggetto che entra a far parte della convivenza pratica e quotidiana – perché vicino di casa, collega di lavoro o compagno di scuola – allora le cose cambiano e gli italiani si scoprono “inclusivi” nell’esperienza quotidiana”.