Era del tutto prevedibile che dopo il brutto risultato elettorale ottenuto a Milano nel primo turno delle elezioni comunali, la Lega Nord tornasse a sfoderare il meglio, si fa per dire, del suo lessico aggressivo e razzista. Così non stupiscono certo le parole che Umberto Bossi ha scelto per uscire dal lungo silenzio successivo alle elezioni. Secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, il leader leghista avrebbe dichiarato: “I milanesi non daranno la città in mano agli estremisti di sinistra. La Lega si impegnerà. Non la lasciamo in mano a un matto, Pisapia, che vuole riempirla di clandestini, moschee e vuole trasformarla in una zingaropoli. Non abbandoniamo Milano nelle mani di questa gente”. Poi nel tentativo di smentire l’offesa al candidato del centro sinistra Pisapia, ha aggiunto
“Non ho detto che è matto ma il suo progetto non è compatibile con una Milano decente. Vuole costruire una zingaropoli – insiste – e la più grande moschea d’Europa. Sono cose incompatibili con Milano”.
Un concentrato di lessico razzista in poche righe. I cittadini stranieri non possono essere definiti immigrati, migranti o rifugiati a seconda del loro status giuridico (troppo difficile?); no, sono solo “clandestini”. Mentre le comunità rom devono necessariamente essere sbeffeggiate e definite con un termine dispregiativo, “zingaropoli”. Infine, una moschea non può che essere la “più grande di Europa” se si vuole richiamare, come la Lega fa da tempo e sistematicamente, il pericolo dell’ “invasione” e del “terrorismo islamico”.
Niente, assolutamente niente di nuovo. O forse sì? Potrebbe essere che i cittadini milanesi, e non solo loro, si siano stancati della roboante retorica leghista che forse è capace di avere grande visibilità sui media e, anche grazie alla sua semplicità (chiamamola così), di essere immediatamente comprensibile a tutti, ma si mostra totalmente inadeguata a fornire delle risposte concrete per il governo dei fenomeni reali (come l’arrivo dei migranti e dei profughi dal Nord-africa delle ultime settimane)?
Sarebbe utile che la stampa italiana non si limitasse a riportare le dichiarazioni xenofobe, discriminatorie e razziste che troppo spesso vengono pronunciate dai rappresentanti delle istituzioni e dei partiti, ma iniziassero a prenderne le distanze. Ben venga dunque la condanna delle parole di Umberto Bossi da parte del Presidente della federazione nazionale della stampa Roberto Natale che in un comunicato stampa ha ricordato che “l’avvelenamento del linguaggio è un problema che riguarda tutti, compresi noi giornalisti che le parole le maneggiamo per lavoro” e “Non c’è proprio bisogno di aggiungere un altro vocabolo al glossario del disprezzo”.